Dicembre 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Saran presi al laccio quanti gioiscono per la caduta dei pii,

il dolore li consumerà prima della loro morte

(Sir. 27, 29)

Ci son gioie e gioie nella vita.
Come l’amore, così anche il sentimento della gioia può perdere ogni sua valenza positiva e pulita.
C’è una felicità fasulla e sporca provata da chi si sente giudicato e condannato da chi ha l’animo retto e santo.
Il pio – cioè colui che vive alla presenza di Dio – resta infatti un insormontabile ostacolo per chi non ha altra legge che se stesso.
“La caduta del pio” è perciò un’ottima occasione di soddisfazione per chi opera il male.
Il Siracide sa, di risulta, tutti i dolori che prima di raggiungere la morte questo ingiusto dovrà patire semplicemente come conseguenza dei suoi atti.
Una vana gioia, dunque, che precipiterà fatalmente in una disperazione.
Don Roberto
Un caro saluto e un Santo Natale a tutti!  

Novembre 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Il male si riverserà su chi lo fa, egli non saprà neppure da dove gli venga (Sir. 27, 27)

 

La presenza del male accompagna la vita di ogni uomo.
Spesso, nella tradizione biblica, si parla persino dell’invidia che il giusto prova verso il malfattore: in apparenza chi opera male pare meglio assicurato sia dalla propria forza come dall’andazzo dei tempi.
Il saggio Siracide ha maturato un’altra visione. In un modo o in un altro chi fa male si ritroverà in un contesto che da congeniale si trasformerà in trappola. Del resto un nostro proverbio ha sempre ed in ogni caso asserito: “Chi la fa, l’aspetti”.
Di costui il Siracide –  parlerà senz’altro di esperienza vista coi propri occhi – assicura che “non saprà neppure da dove gli venga” tutto quanto gli piomberà poi sulla testa.

Don Roberto

Ottobre 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Chi scaglia un sasso in alto, se lo scaglia sulla testa,

e un colpo a tradimento ferisce chi lo vibra (Sir. 27, 25)

 
Sembra di assistere ad una ridicola scena da film, ma il saggio sa comprendere ben oltre.

Chi scaglia in alto un sasso non è un semplice ed infantile babbeo, ci può ben stare anche il profilo di un ipocrita che non sapendo prendere le proprie personali responsabilità va a nascondersi dietro gesti inconsulti e dannosi ricadenti sempre su qualcuno, pur quando il proprio bersaglio fallisce.
Tuttavia il danno maggiore si riversa sulla reputazione di quest’incontrollato; reputazione ancor più compromessa allorquando inferendo “un colpo a tradimento” persino il proprio onore svanisce in polvere.
Don Roberto

Settembre – 2018

Il discorso degli stolti è un orrore, il loro riso fra i bagordi del peccato. Il linguaggio di chi giura spesso fa rizzare i capelli, e le loro questioni fan turare gli orecchi (Sir. 27, 13-14)

L’animo rimane angosciato dinnanzi questo quadro crudo e tuttavia ben descrittivo della realtà di ogni giorno. Per stemperare l’angoscia mi sembra più che sufficiente il pensiero di un santo: san Bernardo di Chiaravalle che scrive nel trattato: “L’amore di Dio”.

“La giustizia è il cibo vitale e naturale dell’anima che usa la ragione;

il denaro, invece, non diminuisce la fame dell’animo,

come l’aria non diminuisce la fame del corpo”.

La carenza di un comportamento giusto ed il ridurre ogni valore umano al solo metro del danaro porta a quanto il Siracide ha inteso descriverci. Don Roberto

Agosto 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Nel discorso del pio c’è sempre saggezza,

lo stolto muta come la luna.

Tra gli insensati bada al tempo, tra i saggi fermati a lungo

(Sir. 27, 11-12)

La consuetudine dell’orologio condiziona fortemente i nostri comportamenti.
Da quando la misura del tempo è legata ai nostri polsi ed ora sempre più inserito nei nostri telefonini, la fretta si insinua inesorabilmente nei rapporti reciproci.
Il Siracide misura diversamente il tempo: sa distinguere fra il pio e lo stolto, fra l’insensato ed il saggio. Là dove si sente il discorrere sensato e motivato, il tempo è ben impiegato a differenza di quanto la parola è solo mutevole e senza sale.
In pratica, la durata deve misurarsi sul peso specifico della parola e del discorso.
Don Roberto

Luglio 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Gli uccelli sostano presso i loro simili, la lealtà ritorna a quelli che la praticano. Il leone sta in agguato della preda, così il peccato di coloro che praticano l’ingiustizia (Sir. 27, 9-10)

  Il naturale comportamento degli uccelli e del leone inducono il saggio alla comprensione delle azioni umane. La virtù della giustizia presuppone la reciproca lealtà fra gli umani. Senza lealtà non si va lontano nel tessere rapporti duraturi e fruttuosi. Anzi, capita che quanto è già stato positivamente e in antecedenza ordito da altri, viene progressivamente sfilacciato da una trama di incomprensioni ed inimicizie future. Ugualmente chi si offre all’ingiustizia cade pian piano in un baratro senza fine: ogni occasione possibile si trasforma in un “agguato alla preda”. Ogni sentimento umano è ormai scomparso. Don Roberto

Giugno 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Se cerchi la giustizia la raggiungerai

e te ne rivestirai come di un manto di gloria (Sir. 27, 8).

La riflessione più matura del mondo antico e medioevale riguardo il comportamento umano ha ravvisato la virtù della giustizia come la regina fra tutte le altre. Nello sforzo di poterla raggiungere risulta necessario l’impegno e l’assidua famigliarità con la prudenza nel discernimento, la fortezza nell’affrontare le necessarie prove e la dovuta temperanza di buon senso e realismo verso se stessi ed il prossimo. Là dove regna l’ingiustizia diventa impossibile enumerare gli infiniti ed incancreniti mali che ne derivano; al contrario non si sapranno mai calcolare i beni che una reale giustizia nei comportamenti porterà con sé. Chi agisce con giustizia crea sempre uno scambio virtuoso di comunicazione. Comunque, già il nostro saggio Siracide, col suo immediato linguaggio, ha coronato questa virtù immaginandola come “un manto di gloria” per chi sa praticarla. Don Roberto

Maggio 2018 – Dal libro del Siracide (27)

Non lodare un uomo prima che abbia parlato,

poiché questa è la prova degli uomini (Sir. 27, 7)

Il vuoto interiore porta affrettatamente al biasimo o alla lode verso il prossimo.

Il saggio non ha fretta; lascia il giusto tempo perché una lode possa scaturire da una prova oggettiva.

Solo la parola compiuta può rivelare la profondità d’animo di una persona; non il suo passeggero stato d’animo, bensì il valore costante della sua vita interiore che solo la parola ragionata e condivisa manifesta.

Ci si illude di poter conoscere una persona se non si ha avuto la possibilità di sentirla parlare, agire ed esprimersi sin in fondo.
  Don Roberto

Aprile 2018 – Dal libro del Siracide (27)

“La fornace prova gli oggetti del vasaio, la prova dell’uomo si ha nella sua conversazione.

 

Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela il sentimento dell’uomo” Sir. 27, 5-6

 
 
Il dono di Dio che è l’uso della parola ha infinite sfaccettature e modalità. 

Il saggio parla della maniera più difficile di usar la parola: si tratta della conversazione. Lo scambio, cioè, vicendevole di questo dono che, di volta in volta, può concludersi in un’opera di edificazione, come di distruzione.

E’ raro ritrovarsi al termine di una conversazione vicendevolmente edificati; spesso poi l’interlocutore non lascia nemmeno alcun spazio perché ci si possa esprimere o anche semplicemente dir qualcosa.

La conversazione è la prova del fuoco di quel che vale l’esercizio e la maturazione della nostra umanità.

Alla fin fine il miglior conversatore è colui che, bene coltivato, sa pur tacere perché saper ascoltare rimane in ogni modo l’utile avvio di una buona, sana e profittevole conversazione.
Don Roberto

Marzo 2018 – Dal libro del Siracide (27)

“Se uno non si aggrappa in fretta al timor del Signore, la sua casa andrà presto in rovina.

Quando si agita un vaglio, restano i rifiuti, così quando un uomo riflette, gli appaiono i suoi difetti”.

Sir. 27, 3-4

La virtù del “santo timor di Dio” è la solida roccia che ci preserva da facili inganni e da rovinose sciagure.
Il bene più grande che un uomo può tesaurizzare e costruire nella sua vita è la propria casa, frutto di tanti impegni e fatiche.
Il saggio ha notato la rovina di tante case e casati nel corso della sua lunga esperienza di vita.
Riflettendoci ha maturato questa limpida conlusione: in quell’esperienza di rovina l’aiuto del timor di Dio non c’è mai stato, oppure – e in questo si vede la serietà delle conseguenze di ogni nostro comportamento – vi è arrivato troppo tardi.
L’unico consiglio sicuro che può, dunque, lasciarci il santo sapiente è quello di “aggrapparci in fretta” al timor del Signore. Sarà proprio questo timor di Dio a darci la forza di esaminare la nostra coscienza e di saper, di conseguenza, vedere i nostri difetti.
Don Roberto